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Credevano a tutto e al contrario di tutto!

Erano abituati così: ogni cosa che veniva loro detta era la verità e se questa veniva emanata dai governi o dai media non poteva che essere la verità (…l’hanno detto in televisione…), poco importa se questa verità fosse a vantaggio di qualcuno e, giocoforza, a scapito di altri, poco importa se questa verità creava loro dei problemi o delle difficoltà: «se l’ha detto chi di queste cose ne sa più di me come posso metterlo in dubbio?». Questo era ciò che si doveva fare e, a parte quei pochi che erano sempre contro, anche solo per partito preso o per indole caratteriale, la maggior parte della gente eseguiva obbedientemente tutto quanto veniva loro richiesto.

E la comunità viveva felice, inconsapevole ma felice. Al mattino ci si alzava presto, doccia, colazione, caffè e via al lavoro. Chi poteva permetterselo andava al bar per il classico cornetto e cappuccino oppure per un caffè e utilizzava quel breve lasso di tempo per scambiare quattro chiacchiere al volo con chi si trovava dietro al bancone o con qualcuno che era lì per lo stesso motivo. In cuor loro sapevano che quasi tutti avrebbero passato più di otto ore del loro tempo al lavoro, per la maggior parte di questo tempo a fare cose delle quali non gliene poteva importare di meno, ma che consentivano loro di portarsi a casa uno stipendio con il quale mantenersi o mantenere la famiglia, per andare ogni tanto al ristorante, al cinema o per andare a zonzo con gli amici, anche se il valore di quel gruzzolo, con l’andare del tempo, si riduceva sempre più.

Ah sì! Anche le ferie! Per circa un mese all’anno o forse più, non si lavorava e si potevano utilizzare quei giorni per andare a divertirsi in qualche luogo di villeggiatura dove si può fare di tutto meno che riposarsi, perché quando si è in ferie ci si deve divertire «Ho lavorato per undici mesi senza alcuna sosta e adesso avrò pure il diritto di godermi la vita!». E quando si ritorna a casa, stanchi, depressi, demotivati e completamente al verde, ci si può sempre creare un’immagine raccontando all’amico o al vicino quanto meravigliosa sia stata quella vacanza in quel posto fantastico che finalmente ero riuscito a visitare, anche se non era vero niente e che so già che non ci ritornerò mai più.

Altri, invece, erano autonomi, avevano la loro partita iva e/o la loro piccola aziendina. Anche loro dovevano alzarsi presto al mattino, addirittura prima degli altri, ma potevano permettersi di stare un po’ di più al bar. Grazie al lavoro autonomo, e perché avere delle maestranze al loro servizio concedeva loro un po’ di libertà in più, potevano gestirsi meglio la giornata. Tutto questo, però, veniva successivamente pagato con un maggior numero di ore lavorative e con una maggiore responsabilità sia nei confronti dei loro collaboratori, dei loro fornitori e della clientela. E lo stacco casa-lavoro non avveniva mai.

Altri ancora erano importanti dirigenti di grandi multinazionali, persone con notevoli capacità manageriali (almeno così si pensava) che avevano ampi spazi di manovra, sia nella gestione dei loro ruoli aziendali che in quella personale, ma il tutto era finalizzato al raggiungimento degli obiettivi, che, ovviamente, erano fissati da qualcuno al di sopra di loro. Agli occhi della comunità facevano una bella vita: auto di lusso, ville, ricevimenti, ferie in località prestigiose, contatti con il mondo della “gente che conta” e della politica e chi più ne ha più ne metta. Ma non erano felici e molti non ne capivano nemmeno il motivo. Qualcuno si sentiva preso in giro, manipolato, quasi come fosse un burattino e si chiedeva se valesse veramente la pena vivere in quel modo non avendo mai tempo ne per se stessi ne per la propria famiglia. Famiglia beninteso, alla quale non facevano mancare nulla, tranne la loro presenza!

C’erano anche dei vertici, ma di questi, pochi conoscevano veramente come stanno le cose e, se per qualche motivo ne fossero venuti a conoscenza, sicuramente non ne avrebbero potuto parlare, perché se l’avessero fatto avrebbero perso istantaneamente tutti i privilegi così faticosamente conquistati, e perché sapevano anche che se la gente fosse stata a conoscenza del loro operato non li avrebbe ammirati (invidiati) più così tanto.

E così la società andava avanti, la vita continuava, si facevano delle cose per ottenerne in cambio delle altre, ogni azione era fondata e pensata sulle solite aspettative, sui soliti schemi e sulle solite credenze dove ognuno veniva parzialmente soddisfatto (ma si sa, non si può avere sempre tutto) e così ci si accontentava.

Ma ad un certo punto qualcosa cambiò, avvenne un fatto che modificò radicalmente il loro abitudinare, era una situazione con la quale non erano mai venuti a contatto e, almeno per il momento, non c’era nessuno in grado di contrastarla. Non c’era nulla da fare, erano costretti a stare chiusi in casa. Veniva loro detto che questa cosa era così pericolosa da mettere seriamente a rischio la loro vita, quindi, rassegnatamente, si adeguavano.

Passavano i mesi e non si riusciva a capire cosa stesse realmente accadendo, il governo e i media mainstream inviavano messaggi discordanti, ogni tanto si presentava qualcuno che diceva che così non andava bene, che erano degli incompetenti ma non proponeva nulla. Qualcuno, invece, proponeva cose impossibili da realizzare, altri ancora si scagliavano contro a questo o a quello, ma solo perché erano abituati così, insomma era il caos totale e la gente era sempre costretta a limitarsi nei propri spostamenti restando chiusa in casa sempre più terrorizzata.

È finalmente eccolo! Era nato lo smart working, il lavoro a casa. Collegati in rete, gli operatori da tastiera di quasi tutti i settori si sentivano al telefono con i loro colleghi di lavoro trasformando la casa, tradizionalmente luogo di rifugio personale e di rilassamento, in un caravanserraglio dove tutti gridavano al telefono nelle ore più impensate. Sì, perché anche la scelta dell’orario, per alcuni, era possibile. Spesso e volentieri si litigava con il proprio partner che magari faceva un lavoro diverso con esigenze diverse e così tra un litigio e l’altro ci si sovrapponeva forsennatamente su tutto! Le mascherine ai bambini, i sieri-beep, la didattica a distanza, le madri che non sapevano più come fare con i figli i quali erano completamente stravolti perché, chiusi dalle farneticanti imposizioni, non avevano alcuna possibilità di esprimere la loro creatività e, soprattutto, sviluppare l’empatia attraverso il sorriso, attraverso il gioco. Un vero e proprio calvario voluto da menti malate e che, purtroppo, veniva messo in atto da sudditi robot perfettamente addestrati ad eseguire gli ordini senza pensare.

Ma quel restare in casa, a parte quelli che già non si sopportavano prima e che ora covavano istinti omicidi, oltre a dare alle persone l’opportunità di staccarsi dalle solite abitudini e aspettative, conferiva loro nuove opportunità. Alcuni iniziavano a prendersi cura di sé stessi, iniziavano ad osservarsi, a vedere e a prendere atto di certi loro comportamenti ai quali non avevano mai fatto attenzione. Iniziavano timidamente a vedersi com’erano realmente. La maggioranza optava per rimanere in uno stato di negazione perché così sembrava più facile…, mentre altri cominciavano ad accettare questa nuova visione di se stessi evitando pure di giudicarsi e qualcuno di loro cominciava persino a non giudicare più gli altri, evitando la critica e vedendo in loro solo il lato migliore. Addirittura avevano voglia di abbracciarla, quella persona, quando l’avessero incontrata. Stavano nascendo nuovi sentimenti, sentimenti di tolleranza, di pazienza, di compassione e di amore, sia per se stessi che per gli altri e, qualcuno, in fondo in fondo, sapeva che quando questo momento sarebbe passato, “niente sarebbe stato più come prima”, perché stava iniziando a conoscere l’Amore (quello con la A maiuscola).

I “media mainstreem”, la “politica”, i “talk show” e gli “urlatori prezzolati” continuavano a seminare paura e panico, continuavano a ripetere numeri alla cieca, numeri che, per un individuo accorto, non avevano alcun senso perché costantemente contradditori, ma la maggior parte delle persone ci credeva.

Fortunatamente, però, non era così per tutti!

Alcuni, grazie alla lontananza forzata avevano voglia di riunirsi, di vedersi, di scambiare sguardi, parole, strette di mano e abbracci. Queste persone avevano riscoperto in loro quel sentimento prezioso che tutti portiamo nel cuore fin dalla nascita, quel sentimento che era sempre stato difficile esprimere in un mondo così caotico, ma che ora avevano ritrovato. Quello era il loro vero sentire, il loro nuovo stato d’essere e nessuno glielo poteva più togliere.

E tutte queste persone non badavano più al fatto che erano costrette a restare in casa, non si lamentavano più perché non potevano andare dove automaticamente andavano prima, il vittimismo non faceva più parte della loro vita, avevano capito quanto fosse importante la loro essenza, il loro sentire interiore, avevano iniziato a sentire un barlume di spiritualità (o comunque di superiore) e avevano anche intuito di far parte di un qualcosa più grande, molto più grande e sapevano… in cuor loro sapevano che presto tutto sarebbe cambiato e sarebbe sicuramente cambiato in meglio!

E, per il futuro, si ripromisero di non credere più a tutto e al contrario di tutto, perché avevano compreso quanto fosse disastroso e ingannevole quell’automatismo abitudinario che li portava a credere solo a quello che vedevano, anziché vedere (e vivere) ciò in cui credevano!

Ah dimenticavo! Poi, il tempo, diede loro ragione!



Roberto Calaon