Sono consapevole che questo argomento può sembrare superficiale in relazione a quanto sta accadendo nel pianeta in questo tempo, ma, se vogliamo migliorare, dobbiamo iniziare a prendere in considerazione anche quello che, a prima vista, non ci sembra importante o diamo per scontato. Nulla è scontato, perché tutto cambia, tutto è in movimento, tutto è energia e l’energia non rimane mai ferma, non si intestardisce, non ha un ego ed è costantemente presenta per soddisfare le esigenze di ognuno di noi, purché queste siano consequenziali al nostro modo di vedere e al nostro operare. Poi, che sia giusto o meno, dipenderà dal momento e dalla soggettività che, comunque, è sempre intrisa di dualità.
E, a proposito di dualità, essendo i nomi dei ruoli solitamente declinati al maschile, a qualcuno potrà sembrare che l’elemento femminile non venga preso in considerazione, ma un essere umano sufficientemente consapevole e sensibile, sa che non è così, è perfettamente conscio che sia femminile che maschile hanno la stessa valenza e che non c’è alcuna necessità di dare ad ogni ruolo lo stesso appellativo in due modi diversi, perché, come possiamo leggere dagli esempi che seguono, oltre ad aumentare la confusione, si rischia persino il ridicolo.
Il fatto che questo possa essere visto da qualcuno come una conquista per le donne, cosicché anche loro possano ricoprire ruoli sino ad ora riservati agli uomini, è ormai un vecchio pensiero privo di significato, perché, al fine dell’esperienza dell’anima – espansione di coscienza – che questo avvenga in un corpo di donna o di uomo non fa alcuna differenza. Tra l’altro, in questo periodo, le energie femminili e maschili si stanno sempre più riequilibrando portando la donna a scoprire il proprio lato maschile e l’uomo il proprio lato femminile. Naturalmente queste energie sono già innate in ognuno di noi e ora, che ci troviamo alla fine di un grande ciclo, occorre che ognuno inizi a conoscersi e a comprendersi sempre più chiaramente per ciò che realmente sente. E questo non c’entra assolutamente nulla con le “ideologie gender” attualmente in voga.
E ora facciamo qualche esempio: il Sig. Mario e la Sig.ra Luisa sono due esseri umani e nella loro vita ricoprono dei ruoli che, nel tempo, possono anche cambiare. Il Sig. Mario avrà il ruolo di ministro, di sindaco, di avvocato, di impiegato, di operatore ecologico e così via. E anche la Sig.ra Luisa, all’occorrenza, sarà un ministro, un sindaco, un avvocato, un imbianchino, una casalinga e/o altro ancora. Definirla ministra, sindaca, avvocata o avvocatessa o addirittura presidenta, come si è sentito faziosamente da alcuni media mainstream, oltre ad essere forzato, non rende nemmeno credibile il ruolo e la persona che lo ricopre.
Ma casalinga, per esempio, lo si dice prevalentemente a una donna. E come dovremo chiamarlo un uomo? Casalingo? Non è propriamente corretto, ma perlomeno suscita allegria! Naturalmente ci sono delle eccezioni. Camionista lo si dice solitamente ad un uomo, anche se il termine può adattarsi perfettamente ad una donna, oppure, solo perché è un uomo, dovremo chiamarlo camionisto?
Potremo continuare all’infinito e non riusciremo a venirne a capo, ma, anche se questi esempi sono fortemente intrisi di soggettività emotiva e di dualità, che quel ruolo venga tradotto al maschile o al femminile diventa addirittura superfluo di fronte al fatto che la maggior parte degli interessati è convinta di essere quel ruolo, anziché svolgere un ruolo. Di conseguenza, abbiamo un altro aspetto ancora più importante da valutare, un aspetto che ci si presenta davanti continuamente, ma che molti ancora non riescono a vedere.
Solitamente si dice:
Mario è un farmacista,
Luisa è un medico,
Giovanni è un ingegnere,
Marina è una pediatra e così via…
Solo pochi accorti riescono a notare che a quella persona abbiamo dato un’etichetta, l’abbiamo “taggata” come si dice nel linguaggio informatico. E il bello è che quella persona ci crede e ne è convinta. È convinta di essere una segretaria, un imbianchino, un giardiniere, un ministro, mentre in realtà tutte queste sono professioni, quindi, ruoli e sarebbe più appropriato dire:
Mario fa il farmacista,
Luisa fa il medico,
Giovanni fa l’ingegnere,
Marina fa la pediatra,
Paolo fa il presidente (fate bene attenzione: tutti loro fanno, non sono) e, conseguentemente, ognuno svolge/fa il proprio ruolo, la propria professione, perché ognuno di noi è un’anima venuta in questo mondo con un abito umano (frattale) per fare esperienza e, per farlo, ha scelto di interpretare una parte, in questo caso un ruolo: quel ruolo.
Di conseguenza interpreta/svolge un ruolo, ma non è il ruolo.
Riuscire a comprendere questa sottigliezza, potrebbe migliorare notevolmente i rapporti tra le persone. Ma, come al solito, dobbiamo arrivarci da soli. E anche se qualcuno ce lo dice, come in questo testo, ci sarà sempre una parte di noi, succube dell’ego, che non vorrà, per i più svariati motivi, ascoltare, comprendere e mettere in pratica. Quante persone si gonfiano, gongolando, dicendo: io sono un professore, io sono un ministro, io sono un avvocato e come farebbero a nutrire il proprio ego gonfiato se ammettessero che loro, semplicemente, fanno questo o quello. Pensate che possa cambiare qualcosa per gli altri? Forse sì, forse no, dipende da molti fattori. Se lo vogliono, comunque, possono ancora gonfiare il loro palloncino, ma perlomeno avremo (e avrebbero) dato il giusto peso alla loro figura.
In conclusione, se sei un essere umano (e lo sei) sarai una femmina o un maschio – meravigliosa complementarietà degli opposti – che, per un determinato periodo di tempo, ricoprirà un ruolo. Sii presente a te stesso, evita di farti abbindolare da assurdi artifizi che servono solo a crearti confusione, illudendo anche il tuo ego.
Come già detto precedentemente, siamo alla fine di un grande ciclo e le sottigliezze diventano sempre più importanti, perché ci aiutano a vedere le cose per come sono anziché per come appaiono (o vogliono farci apparire). Vedere le cose come realmente sono significa essere attenti, presenti e consapevoli. Tutte caratteristiche di un essere umano risvegliato. E un essere che si è così trasformato non si riaddormenta più, non ci casca più così facilmente, perché ha imparato a discernere, perché ha imparato la lezione, ha compreso, è autonomo e perfettamente in grado di dare il giusto peso alle cose. Questo essere umano risvegliato, probabilmente, è alla sua ultima incarnazione come frattale di un’anima e presto avrà modo di riconoscersi in quell’anima, la quale non avrà più bisogno di alcun frattale (individuo, personalità, ego) per fare esperienza e che, finalmente, inizierà ad esprimersi in una dimensione superiore.
Roberto Calaon